Dalla rubrica “Buongiorno scuola” su Note di Pastorale Giovanile
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Dicembre è il mese dell’attesa per eccellenza: le strade si illuminano, le vetrine si trasformano, l’aria si riempie di aspettative. Per gli adolescenti, questo periodo dell’anno assume significati particolari che vanno oltre la dimensione commerciale del Natale. È il tempo in cui si fa più acuto il contrasto tra il bisogno di speranza e la paura della delusione, tra il desiderio di magia e la consapevolezza crescente che il mondo reale è spesso diverso dai sogni.
L’attesa adolescenziale ha caratteristiche uniche: è insieme impaziente e malinconica, carica di aspettative e attraversata da dubbi. I ragazzi aspettano le vacanze di Natale, ma anche qualcosa di più indefinito: un cambiamento, una novità, una conferma di essere amati. L’attesa diventa il tempo in cui i desideri più profondi emergono con maggiore chiarezza, ma anche quello in cui le ferite dell’anima si fanno più sensibili.
In questo mese, gli adolescenti si confrontano con domande esistenziali fondamentali: vale la pena sperare o è meglio non aspettarsi nulla per non rimanere delusi? Come distinguere tra speranze realistiche e illusioni? È possibile mantenere la capacità di stupirsi in un mondo che sembra aver perso la magia? L’attesa natalizia diventa così laboratorio di educazione alla speranza.
Dicembre porta anche la sfida del bilancio: cosa è stato quest’anno? Cosa ho imparato? Cosa ho sbagliato? L’avvicinarsi della fine dell’anno civile invita a una prima riflessione sui mesi trascorsi, mentre l’attesa del nuovo anno apre lo spazio per nuovi progetti e nuove speranze. È il mese in cui passato e futuro si incontrano nel presente dell’attesa.
La speranza adolescenziale ha bisogno di essere educata: non è ottimismo ingenuo, ma capacità di vedere possibilità dove altri vedono solo problemi, di credere nel cambiamento anche quando tutto sembra fermo, di mantenere viva la fiducia nel futuro anche attraversando momenti difficili. È la virtù che permette di continuare a crescere anche quando crescere fa male.
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2. FIGURA BIBLICA
Maria di Nazaret incarna perfettamente il tema dell’attesa feconda e della speranza che si fa storia. Quando l’angelo le annuncia che diventerà madre del Messia, Maria attraversa tutti gli stadi dell’attesa autentica: lo stupore (“Come avverrà questo?”), la riflessione (“Maria custodiva tutte queste cose meditandole nel suo cuore”), la fiducia (“Avvenga per me secondo la tua parola”).
La sua attesa non è passiva: dopo l’Annunciazione, Maria si mette in viaggio per andare da Elisabetta. È un’attesa operosa, che si traduce in gesti concreti di servizio e condivisione. Il suo Magnificat è il cantico di chi sa che Dio compie grandi cose proprio attraverso chi sa attendere con fede: “Ha guardato l’umiltà della sua serva”.
Durante i nove mesi della gravidanza, Maria vive l’esperienza dell’attesa nella sua forma più piena: porta in sé una vita che cresce, una promessa che si realizza giorno dopo giorno. Ma non conosce ancora come andrà a finire: dovrà affrontare il censimento, la ricerca di un posto dove partorire, l’incertezza sul futuro del bambino che nascerà.
La sua speranza viene messa alla prova fin dalla nascita di Gesù: non c’è posto nell’albergo, dovrà partorire in una stalla, riceverà la visita di pastori (persone considerate poco affidabili) e di maghi stranieri. Ma in ogni evento, anche il più imprevisto, Maria sa riconoscere il compimento della promessa divina. La sua attesa diventa modello per ogni giovane che impara ad aspettare non quello che vorrebbe, ma quello che Dio ha preparato per lui.
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3. PAROLE DI GESÙ E DI PAPA FRANCESCO
Gesù, parlando della sua seconda venuta, dice: “Vegliate dunque, perché non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; fate in modo che, arrivando all’improvviso, non vi trovi addormentati” (Mc 13,35-36). Il vegliare di cui parla Gesù non è ansia, ma attesa operosa: chi veglia rimane sveglio per essere pronto ad accogliere quello che verrà.
In un altro passo, Gesù promette: “Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: ‘Vado a prepararvi un posto’?” (Gv 14,2). È la promessa che sostiene ogni vera attesa: qualcuno sta preparando qualcosa di bello per noi, il futuro non è vuoto ma pieno di possibilità.
Papa Francesco, rivolgendosi ai giovani, ha detto: “La speranza cristiana non è un ottimismo, e nemmeno una semplice fiducia psicologica, e tantomeno un desiderio che le cose vadano bene. La speranza cristiana è l’attesa di qualcosa che è già compiuto; la radice della speranza è in quello che già è, e quello che già è, è Cristo risorto”.
Il Papa invita i giovani a non aver paura dell’attesa: “I momenti di difficoltà possono diventare momenti di crescita nella speranza. La speranza non delude mai, perché è fondata sull’amore di Dio per noi”. Francesco insegna che la vera speranza non dipende dalle circostanze esterne, ma dalla certezza di essere amati da Dio, e questo amore non viene mai meno, nemmeno nei momenti più bui.
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4. TESTIMONI DI SANTITÀ
Sant’Ambrogio di Milano rappresenta la figura del pastore che sa alimentare la speranza del popolo nei momenti difficili. Vissuto nel IV secolo, in un’epoca di grandi trasformazioni e incertezze, Ambrogio è diventato vescovo quasi per caso – era ancora catecumeno quando il popolo lo acclamò – ma ha saputo trasformare questa chiamata inaspettata in un servizio straordinario alla Chiesa.
La sua vita dimostra che la speranza autentica sa trasformare anche le situazioni più impreviste in opportunità di bene. Ambrogio non si era preparato a fare il vescovo, ma quando la Provvidenza glielo chiese, non si tirò indietro. La sua capacità di attendere i segni di Dio e di rispondervi prontamente lo rese uno dei più grandi pastori della Chiesa antica.
Ambrogio è anche il santo che ha preparato il Natale della Chiesa milanese: i suoi inni natalizi sono ancora cantati oggi e hanno contribuito a creare quel clima di attesa gioiosa che caratterizza l’Avvento. La sua predicazione sapeva accendere nei fedeli la speranza dell’incontro con Cristo, trasformando l’attesa in gioia condivisa.
Altri testimoni di speranza nell’attesa sono sant’Anna, la madre di Maria, che ha aspettato anni prima di avere una figlia e ha saputo educarla all’attesa di Dio, e san Giuseppe, che ha saputo accogliere i piani di Dio anche quando sembravano sconvolgere i suoi progetti umani, diventando modello di chi sa attendere con fiducia quello che non comprende ancora completamente.
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5. GIOVANI TESTIMONI CONTEMPORANEI
I ragazzi del “Sentiero della Speranza” rappresentano un movimento spontaneo nato tra gli adolescenti di diverse città europee durante la pandemia. Quando il lockdown aveva chiuso scuole e spazi di aggregazione, questi giovani hanno iniziato a scriversi lettere di speranza, condividendo non solo le paure ma anche i sogni per il futuro. Le loro lettere, raccolte in un blog, sono diventate fonte di speranza per migliaia di coetanei.
La loro iniziativa dimostra che i giovani di oggi non si accontentano di subire passivamente le difficoltà, ma sanno trasformare l’attesa forzata in tempo di crescita interiore e di solidarietà. Hanno capito che la speranza condivisa si moltiplica, che raccontare i propri sogni li rende più concreti, che l’attesa può diventare creativa quando è vissuta insieme.
Le loro testimonianze parlano di un’attesa matura: non aspettano che qualcun altro risolva i loro problemi, ma utilizzano il tempo dell’attesa per prepararsi a essere parte della soluzione. La loro speranza non è evasione dalla realtà, ma impegno a costruire un futuro migliore.
Nick Vujicic, nato senza braccia e gambe, rappresenta un esempio straordinario di speranza contro ogni evidenza. La sua adolescenza è stata segnata da momenti di disperazione profonda, ma ha saputo trasformare la sua condizione in un messaggio di speranza per milioni di persone. La sua capacità di attendere il senso della propria vita, senza arrendersi alle apparenze, ha fatto di lui uno dei testimoni più credibili della speranza cristiana.
Altri giovani testimoni sono i ragazzi delle “Lettere al Futuro”, un progetto internazionale in cui adolescenti scrivono lettere a se stessi da aprire tra dieci anni, e Amanda Gorman, la giovane poetessa che ha saputo trasformare le ferite della storia americana in versi di speranza per le nuove generazioni.






