Da Note di Pastorale Giovanile, di Patrizia Cazzaro (consacrata della Fraternità Cena Domini di Trento. Da anni è impegnata in diocesi nell’animazione e nella formazione di giovani, educatori e famiglie. È insegnante di Religione nelle scuole secondarie e docente invitata di Pastorale giovanile nella Facoltà Teologica del Triveneto (biennio di Licenza), dove ha conseguito il dottorato in Teologia pastorale). 

***

Dove sono i giovani? Nelle parrocchie se ne vedono sempre meno… sono loro che se ne vanno “fuori dal recinto” o è la Chiesa di oggi che è diventata sempre meno significativa per loro?
La rubrica che inauguriamo nel sito – e che attinge al materiale di studio e di esperienza legato a un lavoro di dottorato e diventato poi libro – parte dall’ascolto dei giovani, definiti “luogo teologico”, e si snoda in un approfondimento teologico-pastorale ed ecclesiologico alla ricerca della forma di Chiesa del futuro, dove viene confermato che «la pastorale giovanile rappresenta uno dei cantieri più profetici della riforma della Chiesa».

Riprendendo le ultime indagini sui giovani c’è chi sostiene che in loro c’è una generale incredulità o sordità quando si parla di Dio, e li considera «senza antenne» per Dio[1], oppure li definisce indifferenti e atei[2]. La realtà è confermata dalle ricerche dell’Istituto Toniolo[3]. Secondo queste ricerche nell’arco degli ultimi dieci anni i giovani italiani che si dichiarano cattolici sono passati dal 56% al 32% e quelli che si dichiarano atei dal 15 al 32%. Non ci sono differenze tra gli uomini e le donne. Se nel 2013 il 61% delle giovani donne si dichiarava cattolica, nel 2023 sono il 33%, come i maschi. E se nel 2013 il 12% si dichiaravano atee, nel 2023 erano il 32%, come gli uomini. Quello che è certo è che le giovani donne si sono messe in pari con gli uomini. La stessa tendenza riguarda la frequenza ai riti: non c’è più differenza tra maschile e femminile e chi non frequenta mai i riti cristiani costituisce più del 70% della popolazione giovanile italiana. Un ultimo dato fa pensare. Riguarda la fiducia che i giovani italiani hanno nella Chiesa. Non hanno nessuna fiducia nella Chiesa il 28% degli uomini e il 30% delle donne. La piena fiducia nella Chiesa è espressa dal 2% degli uomini e solo dall’1% delle donne.
Andando però in profondità a queste ricerche si può sottolineano come i giovani non si siano allontanati completamente dalla fede, quanto da un certo tipo di cristianesimo e di Chiesa. I giovani si dimostrano, infatti, non meno spirituali delle generazioni che li hanno preceduti, quanto piuttosto meno religiosi[4].
Questo punto di partenza ci aiuta a focalizzare il resto della presente ricerca dove si sono rivelate alcune sorprese che hanno portato a modificare le griglie di lettura pensate nel progetto iniziale: se in un primo momento si pensava di dover esplicitare le distanze tra la Chiesa e i giovani, dando un particolare ascolto alle sollecitazioni dei giovani e degli operatori pastorali, l’attento ascolto degli intervistati ha modificato il punto di partenza e il percorso nella narrazione dell’analisi.
Prima di tutto le due parti hanno lasciato spazio ad una presentazione di sé, non richiesta inizialmente, ma chiaramente resa esplicita negli incontri. Questa autopresentazione dà ragione alle rappresentazioni reciproche e conduce ad una prima spiegazione sul perché giovani e Chiesa facciano fatica ad incrociarsi. Da un lato i giovani si presentano con semplicità anche attraverso i loro limiti che non si discostano molto da ciò che gli operatori pastorali vedono in loro; dall’altra gli stessi operatori pastorali, nonostante manifestino un grande impegno verso i giovani, unito alla fatica di incrociarli, si mostrano con altrettanta sincerità in ciò che fa difetto nella loro azione pastorale. Ne risulta una Chiesa che:

– non riesce ad esprimere la centralità del Vangelo,
– non ascolta i giovani,
– non va verso di loro e che li ha separati dal resto della comunità cristiana.

Tutti elementi che non aiutano i giovani a trovare motivazioni per “stare” nella Chiesa.

In secondo luogo sono emerse in modo abbastanza chiaro alcune “trasformazioni” che la Chiesa dovrebbe mettere in atto per essere più significativa per i giovani. Si è reso necessario parlare quindi di “cambiamenti convergenti” anziché di “possibili incroci”. Una Chiesa che:

– cerca di creare comunità,
– mette al centro della propria vita Gesù Cristo e il Vangelo,
– sta al passo con i mutamenti del tempo,
– si impegna a cercare un dialogo con i giovani,

questi sono i passi su cui la Chiesa dovrebbe impegnarsi e che entrambi le parti hanno esplicitato.

Il segno di singolarità è messo in rilievo nel confronto delle ricerche qualitative precedenti: i giovani percepiscono che all’interno della Chiesa ci sono delle divergenze, notano che il pensiero degli operatori pastorali, del clero, del magistero non è più omogeneo, a dimostrazione di come la realtà ecclesiale stia perdendo la sua consistenza di istituzione solida e compatta. Anche gli operatori pastorali intervistati si sono espressi allo stesso modo,  con la conferma dei teologi e del magistero di papa Francesco: segno che si può prospettare un rinnovamento nella struttura monolitica della Chiesa.
Due sono i temi che vengono poi presentati come “cambiamenti non convergenti”, trasformazioni che i giovani auspicano, ma che non trovano un parallelo negli operatori pastorali: il ruolo della donna[5] e la partecipazione dei laici nelle decisioni della Chiesa[6]. Si è preferito parlare di “cambiamenti non convergenti” invece che di direzioni opposte perché anche gli operatori pastorali sono consapevoli della rilevanza di questi temi, ma non li considerano temi percepiti dai giovani. Si tratta di due temi che nel Sinodo dei giovani hanno ricevuto la maggior quantità di no placet: i numeri 55 (Le donne nella Chiesa), i numeri 118-125 (la sinodalità come dinamismo costitutivo della Chiesa) e il numero 148 (le donne nella Chiesa sinodale)[7].
Da ultimo, ma non meno importante, si è dato spazio ad alcune sollecitazioni narrate dai giovani esterni alla Chiesa. Chi ha lasciato non ha motivi di fede particolarmente significativi… allontanarsi è stato un cammino naturale: la famiglia che non frequenta, attività parrocchiali poco attraenti oppure assenti, mancanza di relazioni importanti istaurate tra i pari, impegni vari in altri settori tra cui la scuola…  a volte è mancata una riflessione sul perché…
Dalle loro voci si percepisce nuovamente che la Chiesa ha mancato in qualche suo bersaglio e che hanno avuto le loro buone ragioni nell’allontanarsi; contemporaneamente però si intravvedono spiragli di luce, spazi dove ancora la forza del Vangelo può far breccia ed entrare nelle loro vite, brecce su cui la Chiesa ha spazio di azione.

NOTE

[1] Cf. Matteo, La prima generazione incredula. Il difficile rapporto tra i giovani e la fede, Rubbettino, Soveria Mannelli 2017, 12.[2] Cf. Garelli, Piccoli atei crescono. Davvero una generazione senza Dio?, il Mulino, Bologna 2016; questo testo tuttavia, leggendolo nella sua complessità non espone una visione completamente pessimista dei giovani.[3] Ente fondatore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano . Dal 2011 l’Istituto si è impegnato in modo significativo nella ricerca del mondo giovanile e adolescenziale e dal 2019 ha avviato un nuovo campo di indagine e azione intitolato Laboratorio Futuro.[4] Cf. Castegnaro (con Dal Piaz e Biemmi), Fuori dal recinto. Giovani, fede, Chiesa: uno sguardo diverso, Ancora, Milano 2013, 41-42; Bichi e Bignardi (a cura), Dio a modo mio. Giovani e fede in Italia, Vita e Pensiero, Milano 2015, 3-4; Bignardi e Didonè (a cura), Niente sarà più come prima. Giovani, pandemia e senso della vita, Vita e Pensiero, Milano 2021, 119. Bichi R. e Bignardi P. (a cura), Cerco, dunque credo. I giovani e una nuova spiritualità, Vita e Pensiero, Milano 2024.[5] “Il ruolo della donna nella Chiesa è ancora subordinato, passerà ancora un po’ di tempo. Prima o poi un’apertura dovrà essere necessaria” (Focus giovani).[6] La parola sinodalità non era così usata prima del sinodo, per questo i giovani si sono espressi con il termine corresponsabilità. Ecco qualche intervento: “Nella comunità il ruolo decisionale della Chiesa per i laici non c’è, a livello di studio sì. La tradizione è così millenaria che è difficile da cambiare” (Focus giovani). «Bisogna smuovere la comunità: il clero deve avere un ruolo diverso, più ruoli alla comunità. Decentramento del ruolo del sacerdote. Più spazio ai laici con nuove figure» (Focus giovani). «Fino a quando gli sforzi di cambiamento di molti verranno normalizzati, neutralizzati e sfruttati da una istituzione che mira al rinnovamento del proprio potere in nome di un arrogante possesso della Verità non ci sarà spazio per i giovani, così come non ve ne sarà per una partecipazione significativa dei laici» (intervista a un giovane). “L’importante è accogliere completamente come sono le persone e ragionare insieme se si vuole camminare” (operatore laico).[7] I giovani, la fede e il discernimento vocazionale, Documento finale della XV Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi, 27 ottobre 2018.

Keywords:

Condividi questo articolo:

Potrebbe interessarti anche:

  • Redazione di Note di Pastorale Giovanile: lo sguardo sull’Oratorio

    26 Giugno 2025

  • Ragazzi “difficili”?

    26 Giugno 2025

  • Allargò le braccia e gridò le sue promesse

    19 Giugno 2025