Dalla rubrica “Buongiorno scuola!” di Note di Pastorale Giovanile.

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Novembre porta con sé i primi freddi, le giornate che si accorciano, una malinconia dolce che invita alla riflessione. È il mese in cui gli adolescenti cominciano a percepire che l’anno scolastico è davvero iniziato: le verifiche si moltiplicano, i primi bilanci emergono, le difficoltà di alcuni compagni diventano evidenti. È proprio in questo contesto che la solidarietà si manifesta come bisogno naturale e opportunità di crescita.
Per i ragazzi di quest’età, la solidarietà ha un sapore particolare: non è ancora la carità adulta, organizzata e strutturata, ma è quell’impulso spontaneo che nasce dal riconoscere nell’altro la propria stessa vulnerabilità. È il compagno che presta gli appunti a chi è stato assente, la classe che si mobilita per chi ha problemi familiari, il gruppo che non esclude chi è diverso.
Gli adolescenti scoprono che essere solidali non significa solo “aiutare i poveri” in senso astratto, ma riconoscere che ognuno ha le sue povertà: c’è chi è povero di sicurezza, chi di affetti, chi di opportunità, chi di fiducia in se stesso. La solidarietà diventa allora l’arte di mettere a disposizione quello che si ha per colmare quello che manca agli altri.
Ma novembre porta anche le sue sfide: la competizione scolastica può spingere all’individualismo, la pressione sociale può portare a escludere chi rallenta il gruppo, il conformismo può far voltare la testa dall’altra parte quando si assiste a ingiustizie. È il mese in cui si decide che tipo di persona si vuole diventare: quella che pensa solo a sé o quella che sa che il bene comune è anche il proprio bene.
In questo periodo dell’anno, la solidarietà non è più solo un sentimento, ma diventa scelta consapevole, stile di vita, modo di stare al mondo. È l’occasione per scoprire che dando si riceve, che aiutando si cresce, che la felicità condivisa è doppiamente felice.

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2. FIGURA BIBLICA
Il Buon Samaritano rappresenta l’icona perfetta della solidarietà autentica. La parabola racconta di un uomo che, vedendo un ferito sulla strada, “ne ebbe compassione”. Non è una compassione sentimentale, ma un sentimento che si traduce immediatamente in azione: si avvicina, medica le ferite, lo carica sulla sua cavalcatura, lo porta in un albergo, paga per le sue cure.
Quello che colpisce nella figura del Samaritano è che non conosce il ferito, non sa se è una brava persona o un malfattore, non può aspettarsi riconoscenza o ricompensa. La sua solidarietà nasce semplicemente dal riconoscere nell’altro un essere umano che soffre. Non si pone domande sulla razza, la religione, la classe sociale: vede un bisogno e risponde.
Il contrasto con il sacerdote e il levita che “passano oltre” è illuminante: loro rappresentano la religiosità formale che si limita alle pratiche rituali ma non sa tradurre la fede in gesti concreti di amore. Il Samaritano invece, pur appartenendo a un popolo disprezzato dagli Ebrei, dimostra di aver compreso il cuore della religione: amare il prossimo come se stessi.
La parabola si conclude con l’invito di Gesù: “Va’ e anche tu fa’ così”. È un invito rivolto a ogni generazione, ma particolarmente significativo per gli adolescenti che stanno formando la propria identità: che tipo di persona vuoi essere? Uno che passa oltre o uno che si ferma? Uno che trova scuse o uno che trova soluzioni? La solidarietà del Samaritano diventa modello di un’umanità matura, capace di superare i pregiudizi per rispondere ai bisogni reali delle persone.

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3. PAROLE DI GESÙ E DI PAPA FRANCESCO
Gesù, nel discorso delle Beatitudini, proclama: “Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia” (Mt 5,7). La misericordia è la forma più alta di solidarietà: non si limita ad aiutare materialmente, ma sa entrare nel dolore dell’altro, farsene carico, condividerlo. Gesù promette che chi sa essere misericordioso riceverà a sua volta misericordia, non come premio, ma come conseguenza naturale: chi semina amore raccoglie amore.
In un altro passo, Gesù identifica se stesso con i più piccoli: “Quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25,40). È una rivoluzione totale della prospettiva: ogni gesto di solidarietà non è solo aiuto al prossimo, ma incontro con Cristo stesso.
Papa Francesco ha fatto della solidarietà uno dei pilastri del suo pontificato: “Oggi tutto entra nella logica del consumo immediato e dello scarto, e lo scarto non riguarda solo il cibo o i beni superflui, ma spesso anche gli esseri umani”. Il Papa denuncia la “cultura dello scarto” che esclude chi non produce, chi rallenta, chi disturba.
Francesco invita i giovani a diventare “costruttori di ponti”: “Il mondo ha bisogno di giovani coraggiosi, che non si lasciano trascinare dalla corrente e che sanno andare controcorrente. Il mondo ha bisogno di giovani che sappiano scegliere sempre ciò che è più difficile ma più giusto, invece di ciò che è più comodo”. La solidarietà diventa così una forma di coraggio, la capacità di scegliere l’amore anche quando costa fatica.

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4. TESTIMONI DI SANTITÀ
San Martino di Tours è il santo della condivisione per eccellenza. La sua storia più famosa risale a quando era ancora un giovane soldato romano: vedendo un mendicante seminudo tremare dal freddo, tagliò il suo mantello a metà e ne diede una parte al povero. La notte seguente gli apparve Cristo in sogno, vestito di quella metà di mantello, che diceva agli angeli: “Martino, ancora catecumeno, mi ha coperto con questa veste”.
Martino insegna che la solidarietà non richiede ricchezze straordinarie: aveva solo un mantello, ma lo ha condiviso. Non aspettò di avere di più per iniziare a dare, ma diede quello che aveva. La sua generosità non nasceva dall’abbondanza ma dall’amore, e per questo è diventata il simbolo della vera carità cristiana.
Dopo la conversione, Martino divenne vescovo e trasformò tutta la sua vita in un servizio ai più poveri. Fondò monasteri che erano insieme luoghi di preghiera e centri di assistenza, dimostrando che contemplazione e azione sociale non sono alternative ma si nutrono a vicenda. La sua santità consisteva nel saper vedere Cristo nel volto di ogni persona che incontrava.
Altri testimoni di solidarietà sono san Vincenzo de’ Paoli, che organizzò la carità in forma sistematica per rispondere meglio ai bisogni dei poveri, e santa Margherita di Ungheria, che rinunciò a una vita di agi per dedicarsi completamente al servizio degli ultimi.

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5. GIOVANI TESTIMONI CONTEMPORANEI
I ragazzi di “Fridays for Hugs” rappresentano una nuova forma di solidarietà giovanile. Nati spontaneamente in diverse città italiane ed europee, questi gruppi di adolescenti dedicano i venerdì pomeriggio ad abbracciare gratuitamente chiunque ne abbia bisogno. Non è beneficenza nel senso tradizionale, ma solidarietà emotiva: hanno capito che molte persone soffrono non per mancanza di cibo o denaro, ma per mancanza di affetto e riconoscimento.
La loro iniziativa dimostra che i giovani di oggi hanno una sensibilità particolare verso le “povertà invisibili”: la solitudine, la depressione, l’esclusione sociale. Non aspettano di diventare adulti per fare la differenza, ma utilizzano le loro risorse attuali – tempo, energia, capacità di comunicare – per rispondere ai bisogni che vedono intorno a sé.
La loro solidarietà è innovativa perché non crea distanze tra “chi aiuta” e “chi è aiutato”: riconoscono che tutti hanno bisogno di affetto e tutti possono darlo. È una solidarietà orizzontale, tra pari, che restituisce dignità a chi spesso è visto solo come “caso sociale”.
Craig Kielburger rappresenta un altro esempio di solidarietà giovanile efficace. A dodici anni, leggendo la storia di Iqbal Masih, ha fondato “Free the Children”, un’organizzazione che mobilita giovani di tutto il mondo per combattere il lavoro minorile. La sua storia dimostra che l’età non è un limite all’impegno sociale, anzi può essere una risorsa perché i giovani sanno comunicare con altri giovani.
Altri testimoni sono i volontari delle “Brigate di Solidarietà Attiva”, giovani che si organizzano per portare cibo e assistenza ai senzatetto delle grandi città, e Autumn Peltier, la giovane attivista canadese per la difesa dell’acqua pulita nelle riserve indigene.

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6. PROPOSTE OPERATIVE
Impegno personale: “Il mio gesto quotidiano”
Ogni studente si impegna a compiere quotidianamente, per tutto il mese di novembre, un piccolo gesto di solidarietà: può essere aiutare un compagno in difficoltà con lo studio, offrire un sorriso a chi sembra triste, cedere il posto sull’autobus, raccogliere una carta per terra, fare la spesa per un anziano del quartiere. L’importante è che sia un gesto concreto, ripetuto ogni giorno, che diventi abitudine.
Ogni sera, prima di dormire, lo studente annota su un diario il gesto compiuto e come si è sentito. A fine mese, rilegge tutto e riflette su come questi piccoli atti abbiano cambiato la sua percezione del mondo e delle relazioni.
Impegno di classe: “Adozione solidale”
La classe “adotta” una realtà di bisogno del territorio: può essere una casa di riposo, un centro per disabili, una mensa per i poveri, una famiglia in difficoltà, un progetto di cooperazione internazionale. Non si tratta solo di raccogliere fondi, ma di stabilire una relazione duratura: visite periodiche, scambio di lettere, condivisione di momenti festivi.
L’obiettivo è superare l’assistenzialismo per creare vera solidarietà: conoscersi, comprendersi, crescere insieme. La classe organizza anche momenti di riflessione per elaborare quello che sta vivendo e per capire come l’esperienza sta cambiando la percezione dei problemi sociali.

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