(ANS – RMG) – Quando dal senatore Alfredo Frassati, ambasciatore a Berlino, verso il quale i Salesiani avevano un debito di riconoscenza, giunge la richiesta di un salesiano che si occupi di seguire negli studi i due figli Pier Giorgio e Luciana, il Rettor Maggiore don Albera invia don Antonio Cojazzi, persona adatta per la sua ampia cultura, il suo giovanile entusiasmo e la sua capacità comunicativa. In casa Frassati non è “precettore”’, è un amico, specie di Pier Giorgio, di cui dirà: “Lo conobbi decenne e lo seguii per quasi tutto il ginnasio e il liceo con lezioni che nei primi anni erano quotidiane: lo seguii con crescente interesse e affetto”. Pier Giorgio, ormai giovane di punta dell’Azione Cattolica torinese, ascolta le conferenze e le lezioni che don Antonio tiene al Circolo “C. Balbo”, segue con interesse la sua rivista, sale a Valsalice nei momenti per lui delicati e decisivi.
Dopo la morte di Pier Giorgio Frassati, avvenuta a Torino il 4 luglio 1925, la fama di santità che lo circondava era tale che l’Arcidiocesi di Torino diede avvio al processo Ordinario Informativo in data 2 luglio 1931. Tale Inchiesta si protrasse fino al 23 ottobre 1935. Attore della Causa era l’Azione Cattolica Italiana, mentre la Postulazione della Causa di beatificazione venne affidata ai salesiani. Purtroppo, dal 1941 la Causa ebbe a soffrire penosi e spiacevoli ritardi, per cui solo nel 1990 si giunse alla Beatificazione, dopo essere stata affidata nel 1977 al gesuita padre Paolo Molinari, il quale seppe con grande perizia storica sbloccare la situazione e far ripartire la Causa del Frassati.
Nella diffusione della conoscenza di Pier Giorgio Frassati e nella promozione della sua Causa di beatificazione all’inizio ebbe un ruolo fondamentale don Antonio Cojazzi (Roveredo in Piano, 30 ottobre 1880 – Salsomaggiore Terme, 27 ottobre 1953). Fin dal giorno dei funerali del giovane torinese si impegnò a tener viva la memoria e a risaltarne la santità. Scrisse e pubblicò nel 1928 la biografia: Pier Giorgio Frassati. Testimonianza raccolte da don A. Cojazzi. Si tratta di testimonianze di prima mano e che in gran parte verranno riprese nel corso del processo, che vedrà come primo testimone proprio lo stesso don Cojazzi. Le testimonianze arrivano numerose e vengono vagliate con cura. La mamma di Pier Giorgio segue il lavoro, fornisce suggerimenti e materiale. Nell’aprile del 1927 don Cojazzi guida i Fucini in pellegrinaggio alla tomba di Pier Giorgio. Annota: “Sulla tomba ho parlato. Non so che cosa dissi: ricordo solo che piansi e vidi piangere. Di santa fierezza e di commozione cristiana. Tutti sentivamo la verità di quelle parole che leggevamo sulla tomba: Perché cercate un vivente tra i morti?”.
La vita di Pier Giorgio: un successo strepitoso. In pochi mesi si esauriscono 30 mila copie; nel 1932 sono 70 mila; nel giro di 15 anni il libro raggiunge 11 edizioni ed è tradotto in 19 lingue: punto di riferimento per l’Azione Cattolica nel difficile tempo del fascismo. Nel 1942 in Italia con il nome di Pier Giorgio Frassati ci sono 771 associazioni giovanili di A.C., 178 sezioni aspiranti, 21 associazioni universitarie, 60 gruppi di studenti medi, 29 conferenze di S. Vincenzo, 23 gruppi del Vangelo…La biografia redatta da don Cojazzi, pur con alcuni limiti e difetti, ebbe una grande diffusione ed esercitò una influenza nella vita di numerosi giovani. In occasione della morte di don Cojazzi, Mons. Montini, allora Sostituto alla Segreteria di Stato scrisse: “Il suo [di don Cojazzi] nome, associato a quello di Pier Giorgio Frassati, di cui egli seppe far splendido esempio di giovanile virtù cattolica, è e sarà tra quelli più cari a quanti hanno lavorato per la rinascita spirituale del nostro paese”.
Ma Pier Giorgio segna una svolta anche nella vita di don Cojazzi. Quel biglietto scritto sul letto di morte, con grafia ormai quasi indecifrabile, per l’ingegnere Grimaldi, suo amico: “Ecco le iniezioni di Converso, la polizza è di Sappa. L’ho dimenticata, rinnovala tu”, gli rivela quasi brutalmente il mondo dei poveri: “Il Venerdì Santo di quest’anno (1928) con due universitari visitai per quattro ore i poveri fuori Porta Metronia. Quella visita mi procurò una salutarissima lezione e umiliazione. Io avevo scritto e parlato moltissimo sulle Conferenze di S. Vincenzo… eppure non ero mai andato una sola volta a visitare i poveri. In quei luridi capannoni mi vennero spesso le lacrime agli occhi… La conclusione? Eccola chiara e cruda per me e per voi: meno parole belle e più opere buone”. Egli vede in questo contatto vivo con i poveri non solo l’attuazione del Vangelo, ma una scuola di vita per i giovani: “Sono la migliore scuola per i giovani: per educarli e tenerli nella serietà della vita. Chi si reca con un confratello spesso più attempato, a visitare le famiglie povere ogni settimana, e ne tocca con mano le piaghe materiali e morali, e poi nell’adunanza successiva ragiona e sente ragionare su quelle e altre miserie, come volete che possa sprecare il suo denaro, il suo tempo, la sua giovinezza in godimenti malsani? Come volete che sia malcontento dei propri lavori e dolori, quando ha conosciuto, per diretta esperienza, che altri lavorano e soffrono più di lui?”.
Famosa è rimasta una foto di Pier Giogio che lo rappresenta impegnato in una escursione e sopra la quale aveva aggiunto la dedica per un amico: “Verso l’alto”, motto che riassume l’anelito di tutta la sua vita. È stato beatificato il 20 maggio 1990. Domenica 7 settembre 2025 Papa leone XIV lo proclama santo con Carlo Acutis. “Aspirate a cose grandi, alla santità, ovunque siate. Non accontentatevi di meno. Allora vedrete crescere ogni giorno, in voi e attorno a voi, la luce del Vangelo” (Papa Leone XIV – omelia Giubileo dei giovani – 3 agosto 2025).