Nel solco del suo impegno educativo per i minori e i giovani più vulnerabili, Salesiani per il sociale ha aderito con convinzione all’appello lanciato da Libera, Antigone e Defence for Children per affrontare la crisi del sistema della giustizia minorile in Italia. L’appello – sottoscritto da oltre 80 organizzazioni – denuncia la progressiva erosione della cultura educativa nella gestione delle devianze minorili, chiedendo alle istituzioni un’inversione di rotta che rimetta al centro la tutela, l’ascolto e l’accompagnamento personalizzato dei ragazzi in difficoltà.

Salesiani per il sociale, con 45 centri diurni, 33 case famiglia, comunità residenziali e progetti educativi in tutta Italia, lavora ogni giorno per offrire alternative concrete alla dispersione scolastica, alla povertà educativa e alla criminalizzazione precoce dei minori. Come evidenziato anche nel Documento Programmatico 2025–2028 “Organizzare la speranza”, la Rete riconosce la giustizia come processo educativo, e si impegna a costruire alleanze territoriali capaci di generare percorsi di senso e dignità per ogni ragazzo e ragazza.

Di seguito la dichiarazione del Presidente nazionale, don Francesco Preite:

“Aderiamo a questo appello perché non possiamo restare in silenzio di fronte a un sistema che rischia di smarrire la sua funzione educativa. Il carcere non può essere l’unico orizzonte per i ragazzi che sbagliano. La giustizia minorile deve tornare ad essere ciò che la Costituzione e il buon senso ci chiedono: un’occasione per ricominciare. Siamo una Rete nata per stare dalla parte dei giovani più fragili, non per giudicarli, ma per accompagnarli. Per questo servono risorse, visione e un cambiamento culturale profondo. Don Bosco, visitando le carceri di Torino a metà del 1800 e rendendosi conto delle condizioni che inducevano i minori a frequenti recidive, pensò che se quei ragazzi avessero fuori un amico che si prendesse cura di loro, si sarebbe potuto diminuire il numero di quelli che ritornavano in carcere. Ancora oggi in Italia dobbiamo investire maggiori energie educative e risorse non solo nel migliorare le condizioni di vita e lavoro nelle carceri, ma anche nel lavoro preventivo fuori e nella funzione educativa della giustizia minorile. La cultura educativa non è un lusso: è un dovere civile e politico. Lo dobbiamo a ogni ragazzo che aspetta ancora qualcuno che gli dica: ‘Io ti credo. Puoi farcela’.”

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