I Salesiani dell’Istituto “E. di Sardagna” hanno organizzato il 16 ottobre un evento guidato dal Dott. Alberto Pellai che ha coinvolto 600 persone tra salesiani, laici, genitori e famiglie. La palestra della Casa salesiana si è trasformata in un inaspettato “laboratorio di adultità’” grazie all’intervento del Dott. Alberto Pellai, medico e psicoterapeuta dell’età evolutiva. Al centro del dibattito: il ruolo decisivo dei genitori, invitati a superare la tentazione dell’iperprotezione per riscoprire la bellezza del sacrificio, della fatica e dello sforzo, in quella che Pellai definisce un’opera di “allenamento alla vita”.
La postura dell’adulto: traguardo e responsabilità
Secondo Pellai, l’attuale disorientamento dei figli nel diventare adulti deriva anche dal fatto che vedono adulti “stremati dalla vita” e necessitano, invece, di modelli adulti che sappiano mostrare la “bellezza della testimonianza dell’adultità”. Non si tratta di essere perfetti, ma di tenere la postura di chi ha un traguardo, di chi sa far fronte alle sfide.
Oltre il rischio zero: il diritto allo sbaglio per crescere
Uno dei temi più provocatori dell’incontro è stata la critica alla moderna “cultura della garanzia assoluta” che illude di poter offrire una “crescita a rischio zero.” Negare ai figli il “diritto allo sbaglio” – che l’età evolutiva necessita per natura – è un errore cruciale. Lo psicoterapeuta ha spiegato che un buon modello educativo non previene ogni rischio, ma agisce al contrario: l’adulto deve permettere al figlio di assumersi dosi crescenti di rischio, attendendo e fidandosi della sua capacità di farcela. L’errore del figlio non lo rende un “figlio sbagliato,” ma diviene lo strumento educativo cruciale per imparare.
Dalla frustrazione anestetizzata all’autoregolazione emotiva
Un punto di rottura rispetto alle generazioni precedenti di genitori emerge nella gestione delle emozioni: “noi oggi sentiamo troppo”. L’eccessiva immedesimazione del genitore nelle difficoltà del figlio (ad esempio, un brutto voto) impedisce di affrontare il problema.
Il rischio maggiore è l’anestetizzazione della frustrazione del figlio da parte del genitore. La crescita non è rallentare l’evoluzione emotiva, ma accompagnarla e regolarla. L’educatore, in questo senso, deve fornire abilità e competenze che portino il ragazzo a agire solo dopo aver pensato.
La rete educativa e l’alleanza nel digitale
La sfera digitale rappresenta un ambito in cui il genitore si sente spesso fragile. Il rischio è la “deriva del mondo della stanza” che esclude il mondo esterno, a scapito di un sano confronto con “l’altro” tipico della preadolescenza.
Per rimanere autorevoli e affrontare queste sfide, la rete tra genitori è fondamentale. È necessario definire insieme limiti comuni, anche semplici, agendo con un “no allenante” e basandosi su una buona previsione di come reagirà il proprio figlio. “Questa è davvero un’alleanza tra adulti che possiamo trovare tutti insieme” ha ammonito Pellai, sottolineando come “responsabilità” sia la parola chiave.
Lo sguardo in alto: senso della vita e fede
In conclusione, il Dott. Pellai ha toccato l’interrogativo fondamentale sulla formazione spirituale e morale: “è un vantaggio educare figli senza Dio?”.
L’assenza di un riferimento trascendente, come “rivolgermi ad un Dio che sta sopra di me ed è onnipotente”, rischia di abbassare lo sguardo, impedendo al figlio di confrontarsi con un principio superiore di bene e male. “Non devo essere il Dio della mia vita”: la relazione con Dio è utile per dare senso alla propria competenza e incompetenza. È la formazione morale e spirituale che pone le “transenne” emotive, aiutando i ragazzi a “pensare i pensieri malvagi e a non agirli” e a confrontarsi con quei “pezzi di dolore che sono irrimediabili” e che solo una visione più ampia può contenere.






